Un invito gradito
Ho accettato l’invito a scrivere qualcosa per “Libere Opinioni” per un paio di buoni motivi:
Spostiamo il punto di vista
Vorrei spostare leggermente il punto di vista passando da cosa la Fotografia significa per ognuno di noi al ruolo che la fotografia può assumere in certi contesti.
Potremmo dire che la Fotografia ha tanti figlioli, non tutti raggiungono i livelli della mamma, ma fanno comunque parte della stessa famiglia.
E, pur avendo un gran rispetto e amore per la mamma, è proprio di questi figlioli che vorrei parlare.
Dentro e fuori dai cassetti
Esco da poco dalla lunga e faticosa esperienza della digitalizzazione di negativi e diapositive. Fatica che ha prodotto anche buoni frutti: una carrellata nel tempo e nei generi. La famiglia, i genitori, i fratelli, gli amici, i paesaggi, i matrimoni, il gruppo scout, i ritratti, l’architettura rurale dei nostri appennini…
Vivo lontano dal mio paese. Per noi il sentimento della nostalgia è abbastanza comune. Dovremmo fare un passo avanti e affiancare anche il sentimento della riconoscenza. Che significa anche ri-conoscere quanto la nostra famiglia, i nostri amici, il nostro gruppo, il nostro paese insomma, sono stati importanti per la nostra formazione. Riconoscere che il paese sono i luoghi, ma soprattutto le persone.
In questo contesto la fotografia è un nuovo stimolo per la memoria.
Il Circolo Fotografico Casolano compie 30 anni
Lo scorso anno il Presidente del Circolo Fotografico Casolano mi ha chiesto di fare una mostra per il trentesimo della fondazione.
Mi sono chiesto quanto le mie foto migliori potessero interessare i miei compaesani. Non molto.
Piace invece sentirsi raccontare storie. E piace rivedersi e rivedere.
Volti di Casola
È con questi semplici ingredienti che ho iniziato a preparare la ricetta di questa mostra.
È questo l’intento: riconoscere ad ognuno un suo ruolo, forse più o meno importante, ma sicuramente unico.
Ma la fotografia è un linguaggio universale?
Me lo sono chiesto quando un amico ha portato una schedina piena di foto delle sue vacanze, doppie, buona, triple, sfocate, buona, doppia, “…mi spiace non ho avuto tempo di selezionarle”. Quella serata è stata più un dovere che un piacere, non ho compreso quel linguaggio.
Da questo punto di vista il digitale può provocare danni devastanti. La facilità e l’economia della produzione digitale può anestetizzare il senso critico. Il costo dei materiali è stato per molti di noi un grande fattore di educazione: prima si pensa e si seleziona poi si scatta, non il contrario.
E allora quale fotografia?
Ci piace sentirci raccontare storie.
Ci piace rivederci e rivedere.
La fotografia ha un impatto nel momento in cui tocca il cuore, l’intelligenza e l’interesse di chi la guarda.
Dietro a tutti noi credo ci sia (o ci sia stato) l’incanto e la magia della cattura di un istante di vita, di un’emozione, di un viaggio, di un raggio di luce che come una lama ha tagliato in rilievo un particolare che altrimenti sarebbe rimasto nascosto. Spesso questo particolare ci aiuta a discriminare tra ciò che ha significato e quanto può rimanere in ombra.
È questo l’augurio che ho fatto ad ogni appartenente al Circolo: di continuare a stupirsi per quel raggio di luce e di essere capaci di catturarlo.
E con le foto trasmettere questa intuizione.
E le foto di Adams e Weston?
Bene, non facciamo confusione, in questo caso si parla della Mamma, io finora vi ho parlato di uno dei suoi figliuoli.
Maurizio Montefiori
Insieme a Maurizio Montefiori, tanti anni fa, ho respirato le prime esalazioni degli acidi in camera oscura, fra termometri, bacinelle, pinze e alambicchi vari: tempi pionieristici pieni di entusiasmo e voglia di sperimentazioni.
Come fa notare Maurizio, erano tempi nei quali prima di scattare si pensava. I materiali di consumo avevano un costo significativo, a differenza di oggi, e non ci si poteva permettere di sprecare pellicola inutilmente. Bisognava necessariamente riflettere molto, prima della pressione del pulsante di scatto.
Questa modalità parsimoniosa di operare, cioè di riflettere prima di scattare, è stata per
entrambi una grande scuola di Fotografia.
Massimo Vespignani
(La persona qui ritratta sono io in giovane età, "beccato" dal teleobiettivo di Maurizio Montefiori. Un esempio eloquente di spreco di pellicola...)
La mostra fotografica “Volti di Casola”, ideata e progettata da Maurizio Montefiori, ha riscosso un tale successo di critica e di pubblico che non poteva non avere come naturale seguito l’allestimento di una seconda mostra concepita sulla falsariga della prima: “Volti come foglie”.
Una nuova e corposa serie di vecchie fototessere è andata ad arricchire la già imponente serie precedente ove gli abitanti del paese - Casola Valsenio – sono immortalati in fototessere realizzate qualche decennio addietro. Una mostra che consente ai nativi del paese - sia a quelli che ancora ci vivono che a quelli che oggi abitano lontano da esso - di fare un viaggio a ritroso nel tempo e “di rivedersi più giovani, riscoprire persone scomparse o guardare con sorpresa i bambini che un tempo erano i loro genitori”. Al centro dello spazio espositivo un albero dai cui rami pendono, come foglie, i volti dei paesani ritratti in un tempo inesorabilmente passato.
Maurizio Montefiori vive da molto tempo lontano dal suo paese natale e ha dovuto imparare a convivere col sentimento della nostalgia.
“Quanto siano importanti le figure e i luoghi della nostra crescita" – sostiene Maurizio Montefiori – "lo si avverte specialmente quando si è lontani; quando le foglie cadute nel corso della nostra vita hanno lasciato grandi vuoti, riempiti in modo diverso da nuove foglie”.
Una mostra sicuramente non banale e di grande spessore, capace di coinvolgere dal punto di vista emozionale.
Massimo Vespignani
Ambiente espositivo della mostra "Volti come foglie" di Maurizio Montefiori.